L’insostenibile forza di Canelo Alvarez
Dopo l'ultima vittoria contro Billy Joe Saunders il messicano ha dimostrato, ancora una volta, di essere imbattibile.
Alla fine è sempre lui a vincere: Canelo Alvarez.
Uno spettacolo già visto e rivisto che però non deve trarre in inganno. Perché se è vero che il messicano è il perenne favorito in ogni incontro per via del suo status di imbattibile, confermarsi su un ring non è mai facile, soprattutto quando si combatte in una categoria di peso superiore. E invece Canelo ci è riuscito anche questa volta al cospetto di un avversario temibile come l’inglese Billy Joe Saunders.
Il classe 1990 di Guadalajara ha iniziato il match seguendo il suo solito copione stilistico fatto di pochi colpi, ma tutti terribilmente a bersaglio. Un cecchino della nobile arte capace di sondare il terreno nei primi round con quel suo mancino velenoso, per poi affondare una volta intuiti i punti deboli dell’avversario. Una descrizione che sembra quasi un film di fantascienza. E invece Canelo Alvarez è tutto questo e molto altro, perché alla freddezza glaciale da androide aggiunge anche, ripresa dopo ripresa, quella passione e quella violenza sportiva tipica della boxe messicana.
Anche Billy Joe Saunders così è entrato nella schiera di ottimi pugili caduti sotto i colpi del campione arrendendosi all’ottava ripresa dopo un montante devastante che gli ha spento l’occhio destro e ha mostrato al mondo che la potenza del messicano, anche al limite delle 168 libbre, è decisamente un’arma in più.
Con questo ennesimo trionfo Canelo Alvarez ha riunificato sotto la sua corona il titolo dei pesi supermedi ed è salito a quota 56 vittorie in carriera. Molti dicono che tutto questo basterebbe per ritirarsi ed entrare già di diritto nell’olimpo dei pugili più forti di tutti i tempi. Molti, ma non Canelo che guarda già verso altri orizzonti di gloria. Il prossimo sulla lista infatti dovrebbe essere Caleb Plant, altro ottimo pugile proprio come Billy Joe Saunders.
Ma il punto è proprio questo: quando tutti si battono con Alvarez è possibile osservare in maniera oggettiva proprio la differenza fra un ottimo pugile e un campione. Un confine che sembra labile, ma che con Canelo assume contorni maledettamente più definiti.
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