Otto anni. Qualcosa come 3000 giorni lontani da casa. Li ricordiamo tutti, uno dopo l’altro, partita dopo partita. Otto anni che hanno avuto, per tutti noi tifosi rossoneri, le sembianze di un viaggio nel profondo degli inferi. La squadra che più ha cantato versi in Italia e in Europa per decenni, si era spersa in una selva oscura e smarrito la retta via.
Ci siamo ritrovati a vagabondare in un primo cerchio che aveva le sembianze di un vero e proprio Limbo. Un purgatorio Berlusconiano e Gallianesco, in cui, noi tutti, abbiamo dovuto, volenti o nolenti, abituarci a una mediocrità costante e delirante, fatta di ricordi decadenti, parametri zero ed errori gestionali. E mentre ci si domandava quando saremmo tornati in paradiso, il club cadeva sempre più in basso. Scoprimmo che era solo l’inizio, qualcosa di più orrendo era alle porte.
Era l’inferno, un secondo cerchio fatto di “Lussuriosi“. Personaggi curiosi come Mister Bee Taechaubol e presunti magnati pronti a riportare il club ai fasti gloriosi di un tempo. Nulla però diviene realtà, i sogni volano via travolti da una vera e propria bufera infernale. Quasi fosse il “contrappasso” da pagare per le innumerevoli gioie passate.
Finalmente il tanto agognato closing. A spuntarla è un uomo d’affari cinese di nome Yonghong Li che promette investimenti immediati. Il terzo cerchio è quello dei “Golosi“, di Marco Fassone, Massimiliano Mirabelli e della faraonica campagna acquisti. Ancora una volta però, dobbiamo accontentarci di un sesto posto in campionato e una sconfitta in finale di coppa Italia per 4 a 0 contro la Juventus.
E mentre nell’estate 2018 assistiamo allo sbarco di Cristiano Ronaldo a Torino e ai festeggiamenti dei cugini per la qualificazione in Champions League, ci tocca ascoltare voci di una possibile “non iscrizione” al campionato per il Milan. Yonghong Li svanisce e il progetto si scioglie come neve al sole. Subentra il fondo Elliot e i rubinetti si chiudono. E’ il quarto cerchio, quello degli “Avari“. A farne le spese è il “Prodigo” Rino Gattuso, condannato a spingere l’enorme macigno della riconoscenza.
Dopo di lui è la volta degli “Iracondi”, di Leonardo De Araujo prima e di Zvonimir Boban poi. Troppe frizioni all’interno della società in questi otto anni. Troppi i dualismi. Le basi gettate vengono ridotte a brandelli solo dopo pochi mesi. Anche Gattuso getta la spugna.
Siamo stati nel cerchio degli “Eretici” con Leonardo Bonucci: fascia di capitano al braccio, quella di Franco Baresi e Paolo Maldini, e tanti saluti dopo una sola stagione. Scaricati come merce avariata.
Abbiamo vissuto pure il settimo, quello dei “Violenti“, quello degli “Omicidi“. Si, perché il Milan ha colpito se stesso, infierito sulla sua maglia numero 10, quella de “Il genio” Savicevic, di Clarence Seedorf, di Gianni Rivera e Ruud Gullit. Ha “ucciso” un credo calcistico riconosciuto in tutto il globo terracqueo.
Abbiamo sopportato, in ultimo, anche il cerchio dei “Fraudolenti“, passando bolgia dopo bolgia da quella dei “Ruffiani” capaci solo di strappare un buon contratto, a quella dei “Maghi e indovini”, millantatori del sapere calcistico rivelatisi solo allenatori poco adatti. Da quella degli “Ipocriti” secondo i quali il Milan era grande squadra a settimane alterne a quella dei “seminatori di discordia” sempre pronti ad inveire ad ogni rigore fischiato.
Ce ne sarebbe anche un nono, quello dei “Traditori“, ma a quello ci ha pensato Paolo Maldini, lui che più di ogni altro incarna i valori rossoneri. Mike Maignan, portiere del Lilla neo-campione di Francia, è sbarcato a Milano dove, nelle prossime ore, sosterrà le visite mediche. Il messaggio è uno soltanto: Il Milan viene prima di tutto. Prima di procuratori e interessi personali.
Siamo tornati in Europa, quella che conta, la nostra casa naturale. Lo abbiamo fatto nel momento più complicato, battendo l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, facendo una partita di spirito, cuore e organizzazione. Fatta anche, se volete, di colpi “fortuiti” o “fortunati” come in occasione dei due rigori. Forse, finalmente, dopo otto anni abbiamo espiato le nostre colpe.
Ora le dovute riflessioni, riposo e acquisti mirati.
Domani, gli spogliatoi, poi il tunnel e, in fondo, la luce verde del campo di San Siro.
“E quindi uscimmo a rivedere le stelle” ascoltando una musica celestiale, quella di cui da otto anni, circa 3000 giorni, le nostre orecchie sono orfane.