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Milan – VA’ ALL’INFERNO!

Il diavolo sbaglia il match ball contro il Cagliari già salvo.

Era tutto pronto. Con una vittoria il Milan sarebbe stato aritmeticamente in Champions League. Poche ore prima Simy, bomber del Crotone, affossava il Benevento al Vigorito, salvando quindi il Cagliari avversario dei rossoneri. Persino Gordon Singer era in quel di San Siro. Tutto era impacchettato a dovere con fiocco e contro fiocco. Troppo facile e troppo bello. Le partite vanno giocate e vinte, soprattutto quando sul tabellone appare la scritta “match ball” e l’arbitro si appresta a dire “palla, partita, incontro”.

Quel che più fa rabbia non è poi il risultato. Nel calcio, come nello sport, l’imponderabile è sempre in agguato. No, quello che fa rivoltare gli stomaci rossoneri è l’atteggiamento e la conduzione della partita più importante degli ultimi otto anni. Già dalle prime fasi di gioco la squadra allenata da Stefano Pioli è apparsa scarica e poco gagliarda.

Scelte. L’allenatore emiliano è sul banco degli imputati. Dopo aver rialzato la testa con la straordinaria vittoria contro la Juventus e aver banchettato sul campo del Torino, il tonfo di domenica sera è ancor più roboante e fragoroso. Le scelte iniziali sono a dire il vero poco discutibili: gli undici scesi in campo erano i migliori che si potessero schierare. Sono le valutazioni (e non è la prima volta) nell’arco dei 90’ a destare malcontento e giudizi negativi di tifosi e addetti ai lavori. Una girandola di cambi dall’aspetto incoerente e incline a sentimenti ansiosi e timorosi.

Personalità. È altresì vero che sono i giocatori a dover prendersi le responsabilità nei momenti più difficili e bui. Dov’era, per esempio, Hakan Calhanoglu quando il popolo milanista chiedeva a gran voce una sua invenzione? Ciò che è mancato, più di qualsivoglia errore o interpretazione errata dell’area tecnica, sono stati i colpi dei leader della squadra. Theo Hernandez, Ante Rebic, Franck Kessie e appunto il trequartista turco, fautori principali del “miracolo dello Stadium” hanno invece deluso per personalità.

Vice Ibra. Un’ultima considerazione. Se Leonardo Pavoletti avesse giocato con la maglia Rossonera, il risultato sarebbe stato diverso e forse, il Milan, sarebbe già in Champions da settimane. Questo per constatare, e lo diciamo da mesi, il deficit offensivo della squadra meneghina. Acquisire le prestazioni di un grande attaccante come Zlatan Ibrahimovic è stato un colpo di classe di Paolo Maldini e Frederic Massara, affidargli completamente il reparto, invece, un errore sesquipedale. È proprio nelle partite casalinghe contro squadre arroccate e poco avvezze al dominio che il Milan ha sbattuto il muso con forza senza mai trovare il goal di “fisico” e “potenza”.

Negli inferi. Ora, non resta che concentrarsi sulla trasferta di Bergamo. L’Atalanta è l’avversaria peggiore che si potesse trovare. Si chiuderà un cerchio iniziato proprio in quel di Bergamo un anno e mezzo fa quando, dopo la sconfitta per 5 a 0, il Milan iniziò a costruire e progettare il futuro raccogliendo le proprie macerie. Sarà un cerchio infernale, una bolgia dantesca da affrontare senza Virgilio Ibra. Lui che in quel lontano 22 dicembre 2019, arrivò in soccorso dei rossoneri spersi nella selva oscura bergamasca. Con l’augurio di poter tornare, finalmente, “a riveder le stelle”.

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