Il mare secondo Plessi
Spettacolare video installazione a Palazzo Reale di Milano, ideato da uno dei più celebri esponenti della video-art

Mari verticali è il titolo della spettacolare video installazione – intervento site- specific, come si usa dire – di Fabrizio Plessi, tra i più celebri esponenti a livello internazionale della video-art, emiliano di origine (Reggio Emilia, 1940) ma veneziano di adozione, allestita nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale (fino al 10 settembre, ingresso gratuito) luogo carico di suggestioni e di memoria nella ricorrenza degli ottant’anni dal bombardamento e che nel 1953 ospitò Guernica di Pablo Picasso, tra i capolavori più drammatici della civiltà moderna. Dodici gigantesche imbarcazioni in acciaio nero, simili alle gondole veneziane, lunghe 9 metri al cui interno scorre fragorosamente, su schermi televisivi, un flusso inarrestabile d’oro. Senza origine né fine. Per invitarci a riflettere sul degrado del nostro Pianeta e sul ruolo dell’arte come promessa di bellezza. La mostra promossa da Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale e Studio Plessi è a cura di Bruno Corà, Alberto Fiz e Marco Tonelli, con l’allestimento di Lissoni & Partners.
Al primo impatto, entrando, nel buio della sala, quelle strutture nere come la pece sembrano una foresta di alberi a formare un cupo bosco, e solo dopo averlo costeggiato, rivelano il loro vero aspetto: un insieme di barche con all’interno il video di un fiume dorato. Inclinate, al limite della caduta. Come impennate nella tempesta, con la prua rivolta verso il soffitto decorato del grande salone.
Un’onirica ma potente metafora della condizione umana: le barche in equilibrio precario siamo noi, con le nostre incertezze, le tensioni, le paure per il futuro. Mentre quel fiume d’oro rappresenta l’unica via di salvezza. L’oro della Terra è l’acqua che prima o poi finirà se noi restiamo ciechi di fronte alla catastrofe ambientale. A Plessi appartiene anche l’ambizioso progetto ideato per l’area archeologica di Brixia romana e per il Museo di Santa Giulia, in occasione di Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. In un ricorrersi alchemico di trasformazioni tra colate dorate, neri fondali, gorghi di luce, suoni e movimenti, dove l’arte si fonde con la storia con un gigantesco anello nunziale.
Abbiamo avuto la possibilità di intervistare l’artista per farci raccontare il progetto e più in generale la sua poetica. “Tutto è pronto per salpare su queste nuove elettroniche arche di Noè, innalzate al cielo per noi, increduli e stupefatti aborigeni-digitali del nostro tempo”, ci racconta Fabrizio Plessi con un sorriso aperto, invitandoci a salire a bordo. Capelli bianchi dai bagliori lunari, lunghi fino alle spalle, portati come una rockstar, completo bianco con pochette rossa, lupetto nero, il volto abbronzato dai venti del mare. “Navigatore solitario – dice – che naviga ogni giorno in questo mare dell’arte che è sempre in tempesta”.
Maestro, la sua opera non regala soltanto un’esperienza visiva e sensoriale unica e coinvolgente, ma come ha sottolineato è un inno alla bellezza e alla fragilità del pianeta. Oggi come ieri, l’arte credo sia l’unica cosa al mondo che può aiutarci. Può elevare coscienza e pensiero. Smuovere un’indifferenza, anche visiva. Di fronte a grandi problematiche, di fronte a questi disastri epocali deve partire la controspinta alla creatività, l’unica che ci può dare una visione del futuro. Non sono l’unico a sostenerlo, per fortuna. Non è qualcosa che riguarda gli ultimi decenni. È qualcosa di molto più antico. Esplorare è un atto creativo. E’ un mettersi in cammino sia fisicamente che interiormente.
L’installazione è tutta giocata nel doppio registro del nero e dell’oro Oro e nero come fasi di una trasformazione. Oro irradia luce “sull’oscurità, sul buio dell’ignoranza, della passività culturale e sociale. L’acqua e gli oceani sono la nostra ricchezza e il nostro futuro. Sono, però, una risorsa limitata, la loro disponibilità non è infinita.
La metamorfosi tra acqua e oro è un elemento distintivo nelle sue opere a partire da L’Età dell’Oro (2020), l’opera luminosa ideata per le finestre del Museo Correr, in Piazza San Marco, a Venezia, a cui appartiene anche il progetto ideato appositamente per il Parco Archeologico di Brixia romana e per il Museo di Santa Giulia di Brescia. L’oro è il mio colore ed è anche un simbolo di rinascita dagli ultimi difficili anni che tutto il mondo ha dovuto affrontare. In pandemia ho fatto buttare i miei colori, che erano blu e rosso, per sostituirli con oro e nero. Da qui sono nati 300 progetti dal titolo “L’Età dell’Oro”, che è la mia età, un’età in cui vivo ancora il privilegio di creare.
Maestro, ad aprile ha festeggiato 83 compleanni ed è instancabile. Per me la vecchiaia non esiste. Venezia, quando si vuole che tutto stia tranquillo e calmo, si dice “no sta far onde”. Ecco, io invece amo fare onde. Muovere le acque, mentalmente e metaforicamente. Nei miei cassetti riposano agitati quasi seimila progetti non ancora realizzati, su carta, tra appunti, schizzi e progetti.
Lei è uno dei pionieri della videoarte in Italia, il primo ad aver utilizzato il monitor televisivo come materiale artistico fin dagli anni Settanta (la sua prima videoinstallazione risale al 1974). Come definirebbe il suo rapporto con la tecnologia? Ero convinto che le tecnologie sarebbero state un materiale per la creatività artistica. Ho scelto dunque di affrontarle, senza mai esserne un fanatico e tenendo conto della memoria storica della nostra cultura. Un artista ha il dovere di ricercare tutti i mezzi necessari per comunicare nei modi e nei tempi richiesti dall’epoca in cui vive. L’utilizzo delle nuove tecnologie è legato sempre all’uso che se ne fa. Esiste solo come la usiamo, come la umanizziamo. Se non la domineremo, sarà lei a farlo. Per questa ragione, ho insegnato per circa dieci anni “Umanizzazione delle tecnologie” presso l’università di Colonia.
Quando la chiamano videoartista dunque non le piace? Non mi piacciono le definizioni. Altrimenti Michelangelo sarebbe un marmoartista. Mi considero un alchimista che usa i materiali classici dell’arte come il legno, il ferro, il carbone, la paglia, con il cangiante elettronico del video. Il mio lavoro è l’attraversamento dei linguaggi. Il futuro ha sempre un cuore antico.
Ha detto: La mia testa è un foglio A3. Penso sempre in grande. Tutto parte dal foglio di carta e sempre dall’antichissimo gesto della mano che traccia un segno. Il disegno per me è importantissimo e alla base di ogni progettualità perché è un progetto mentale che passa attraverso la mano e attraverso il cuore. La grafite della matita corre a volte dura, perentoria, tagliente, sicura, incisiva; a volte invece guardinga, incerta, pudica, innocente, riservata: altre volte leggera, decontratta, fluida, elastica, felice. E’ un sismografico che registra le più segrete emozioni. La carta bianca si anima di forma, e vive.
La mostra “Plessi. Mari verticali”, promossa da Comune di Milano – Cultura, prodotta da Palazzo Reale e Studio Plessi e curata da Bruno Corà, Alberto Fiz e Marco Tonelli, resterà aperta fino al 10 settembre. Ingresso libero.
Orario Da martedì a domenica ore 12 -19,30
Giovedì chiusura alle 22,30.
Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura.
Martedì 15 agosto ore 12-19,30
Lunedì chiuso.