Teatro

La presenza dell’assenza in palcoscenico

Opera teatrale del regista Russo che fa parte di un trittico di scena all'Elfo Puccini di Milano

Scriveva Fernando Pessoa che «La morte è la curva della strada. Morire è solo non essere visto». Anatomia comparata (una festa per il mio amore) testo e regia di Nicola Russo, uno degli autori più giovani e prolifici del teatro contemporaneo è una pièce densa di emozioni in programma allElfo Puccini di Milano fino al 30 aprile. Quest’opera fa parte di un trittico di suoi lavori da regista, tre modi per rapportarsi con i fantasmi, con la morte, con il dolore, con l’assenza (“In tutti i miei lavori l’assenza è più presente della presenza, nel senso che si convive con le persone che non ci sono più. A me questo non spaventa”).

In scena le affiatatissime Elena Russo Arman e Marit Nissen nei panni di una coppia che si è molto amata, così differenti per età, interessi, sogni. E dopo molto tempo si incontrano di nuovo.

Evocativa la scenografia di Alessandra Catella: è l’interno di un’abitazione. Sulla parete, che riempie in larghezza l’intero spazio del palcoscenico, una carta da parati su cui è raffigurato un parco dove si vedono gli alberi, le statue, che diventa simbologia di un paradiso perduto, testimone di un amore (Il luogo scopriremo poi del loro primo incontro). Pochi elementi d’arredo, una sedia, un appendiabiti carico di abiti e delle riviste. Una parete con tre porte, quella al centro semiaperta, a confondere passato, presente e futuro.

Elena oggi indossa abiti giovanili, che le conferiscono l’aspetto di una ragazzina sta riordinando la casa per prepararsi a ricevere i suoi amici venuti per festeggiarla in occasione del suo cinquantesimo compleanno, e   mette in ordine quegli indumenti appesi all’attaccapanni in un continuo avanti e indietro utilizzando l’uscita sul retro della parete. Ecco che la porta di destra si apre. Compare Diane, seducente e bellissima, alta, diafana, piedi nudi, in un elegante kimono che lascia intravedere gambe lunghissime.

In un gioco a due, Diane ed Elena insieme ricordano e ripercorrono i momenti vissuti insieme mettendo in pausa, riavvolgendo e rimontando ciò che ricordano per fare i conti con il passato e di ciò che si è diventate. Un gioco di sovrapposizioni e flashback, tra rimpianti, affetti e ricordi e tenerezza. il desiderio e la nostalgia – di non poter continuare, di non poter rendere parte chi abbiamo amato del tempo vissuto in assenza -. Elena e Diane richiamano e rivivono le proprie emozioni, correggendo e precisandosi a vicenda i ricordi comuni, che si intrecciano, si respingono, si sommano o si sottraggono. Si prendono in giro, battibeccano. Ridono. Fanno l’amore. Quando e come si sono incontrate? In quale punto del parco? E chi era quello che ha scattato loro una foto. Cos’hanno pensato l’una dell’altra? Che cosa indossava Diane, di cosa hanno parlato la prima volta? E l’ultima nei giorni del ricovero in ospedale di Diane quando si sono dette addio? in venticinque anni sono cambiate molte cose nella loro vita.

Come spesso avviene nelle stanze della nostra mente i ricordi fluiscono potenti, a tratti, confusi, rarefatti.  Si sono amate: questo è ciò che importa raccontare. Amate e non hanno mai smesso di farlo. Anche dopo la morte di Diane. Tutto lo spettacolo è il riavvolgimento di un nastro, un ripercorrere una comune e lontana vita insieme che le parole e gli anni ormai trascorsi possono nuovamente reinventare, completando parti mancanti e speculari. Tutto vive in una eterna continuità. Un tempo senza tempo, capace di contenere l’assenza. Le due donne si guardano, si cercano, si avvicinano, le mani si sfiorano. Con una sensualità tanto più palpabile quanto più è trattenuta. È lirismo di silenzi ed emozioni. Intensità negli sguardi.  Sentimenti ed emozioni sottolineati da una struggente Black is the color cantata da Nina Simone (And still i hope That the time will come When he and i will be as one/E ancora spero/Che verrà il momento/ Quando io e lui saremo una cosa sola).

Il regista Nicola Russo scrive un testo in punta di penna, in cui il passato dialoga con il presente, la vita con la morte, riportando al centro della scena la potenza di quel tetro di parola dalle atmosfere rarefatte e per questo potentissime.  Come afferma Russo in un’intervista ” In tutti i miei lavori l’assenza, , è più presente della presenza, dove succede che dialogo con una persona che non c’è più, dove ci sono i salti temporali, dove sono al presente, ma anche al passato”. Il gioco drammaturgico che gioca a declinare un tabù dei nostri tempi, la morte (di cui non si vuol parlare e si vive come se non si dovesse mai morire), si evidenzia nel finale. Quando è evidente il punto cruciale di tutta la storia: la festa d’addio di Diane, nel momento in cui la giovane Elena era troppo lontana per vederla morire; è quel pezzo da affrontare a distanza di anni. Suonano al citofono. Sono gli amici. Elena ripone gli abiti del passato, dell’assenza.  Li riordina, per custodirli insieme al dolore. Come la gioia. Come l’amore. Testimoni adesso di una presenza forte. E noi siamo spinti a riflettere e necessariamente a confrontarci con l’amore, la perdita di una persona cara e il dolore che la vita ci fa affrontare, momenti ineludibili di qualsiasi esistenza umana.

Contatti
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Info e orari:                                                                                                                                                              Giovedì 27 Aprile h 21 € 34,00                                                                                                                      
Venerdì 28 Aprile h 21 € 34,00 
Sabato 29 Aprile h 19 € 34,00 
Domenica 30 Aprile h 16.30 € 34,00

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