La prima volta di Mirò
Le parole del drammaturgo spagnolo a Milano con il testo che continua ad accumulare premi in tutto il mondo
In un campo appena fuori da una cittadina di campagna, un ragazzo di diciassette anni viene trovato morto, orrendamente evirato, vestito solo con un costume da bagno rosso e scarpe da ginnastica. Un paesino della Catalogna, che potrebbe benissimo essere ovunque. Come lo sono i segreti inconfessabili e un’umanità ferita che lo abitano. Presentato in anteprima assoluta nell’ottobre 2021 al Teatro di Rifredi di Firenze con protagonista Maddalena Crippa, finalmente adesso è andato in scena anche a Milano Il corpo più bello che si sia mai visto da queste parti, del pluripremiato drammaturgo catalano Josep Maria Miró (nato a Vic, vicino a Barcellona, nel 1977), tradotto in una ventina di lingue e rappresentato in più di trenta paesi. Giancarlo Mordini direttore artistico del Teatro fiorentino e Angelo Savelli traduttore della versione italiana del testo nonché regista della lettura scenica, presenti in sala, non nascondono l’emozione di averlo portato a Milano in un teatro come il Gerolamo ,un scrigno di assoluta bellezza (dopo il bel restauro conservativo).
Concepito come una lettura scenica per un unico interprete (a sette voci), Maddalena Crippa è da sola in scena, su un palcoscenico spoglio, con la sola luce di un faretto, senza alcun trucco o un abbigliamento speciale. Sola eppure il palco sembra riempirsi e svuotarsi di personaggi. In quasi due ore l’attrice dà voce, con un lieve gesto facciale, il cambio del tono di voce, a tutti e cinque i personaggi attraverso i quali viene delineata la tragica storia. Albert, il ragazzo ucciso, all’ultimo anno del liceo, il più bello del circondario, figlio di Ramis, morto circa una decina di anni prima, la cui vita tormentata diventa un tassello cruciale in questo Rashomon. Antònia, la madre, Júlia, la direttrice del Liceo, Ricard, un rozzo falegname, e il trans Eliseu che nella sua infanzia ha subito disprezzo e scherno e che ha finito per prostituirsi con il nome Pink a causa della sua parrucca rosa, più due personaggi secondari (un compaesano e un contadino). E l’intera comunità è coinvolta. Tutta la città sa di questo ragazzo. “Ha sedotto tutti e tutto”. Nessuno sembra essere stato al sicuro dal potere seduttivo del giovane sacrificato. La sua morte scoperchia e rivela la parte buia del paese in cui viveva con la rotonda di periferia che porta ai boschi pieni di preservativi usati , dove il fischio funge da parola d’ordine per l’incontro furtivo.
Con le parole di Josep Miro, Maddalena Crippa ha creato una vera e propria partitura, uno sbalorditivo concerto teatrale, permettendo di assaporare in tutta la sua essenza la parola inarrestabile, frenetica, provocatoria, commovente, cambiando repentinamente registro dalla rabbia alla disperazione ai silenzi alle pause: non solo verranno pronunciate le parole dei cinque monologhi, ma anche quelle che sul testo indicano le pause, le annotazioni sui movimenti. Un’adesione perfetta, quasi erotica, tra voce e scrittura. Crippa si trasforma ogni volta che assume la voce di un nuovo personaggio. Crea una verità che cambia continuamente.
Il testo parla di molti tempi senza nominarli: l’ipocrisia sociale, le responsabilità individuali, le paure collettive, l’ambiguità della verità, l’infanzia violata; desideri repressi o frustrati, l’omosessualità e la transessualità, discriminazione e abusi, mostrandoci un contesto di pregiudizi e paure di una comunità chiusa, che fatica a integrarsi e ad accettare l’altro. Il monologo indaga senza cercare colpevoli. Come nel celebre film Rashomon di Akira Kurosawa (un brutale fatto di sangue raccontato da diversi personaggi secondo i loro punti di vista) il finale rimane aperto alle molteplici interpretazioni degli spettatori interrogandosi sulle differenti prospettive che formano l’insieme dei pezzi. Non sapremo mai chi ha ucciso il ragazzo. Incredibile come un monologo di 2 ore possa tenerti intrappolato in questo modo. E’ questa la magia del teatro di Mirò.
Josep Maria Mirò era presente di persona alla prima milanese. A fine spettacolo, mentre fuma sorridente e rilassato una sigaretta in piazzetta Beccaria, gli abbiamo rivolto alcune domande
Con questo monologo hai ricevuto il Premio Nazionale di Letteratura Drammatica 2022 dal Ministero della Cultura spagnolo. Che effetto fa?
Ne sono felice, è il mio primo monologo. Spesso si crede che questa sia la forma teatrale più semplice, ma non è così. Lo puoi scrivere dopo che hai affinato gli strumenti di scrittura, le idee, se hai una certa esperienza alle spalle. Io scrivo il teatro che mi piacerebbe vedere, non pensando solo alla reazione del pubblico. Però, poi lo monti su un palco, assieme ad altre persone e scopri la sua efficacia, sperimenti, puoi togliere battute, correggere qualcosa con gli attori: c’è un lavoro di équipe. E il pubblico poi lo giudicherà. Questo è meraviglioso e terribile al tempo stesso. Anche molto adrenalinico, perché in teatro l’esperienza non è garanzia di nulla. Ogni volta sei messo alla prova.
Questo testo, hai dichiarato, è espressamente concepito “per unico attore o attrice, indipendentemente dal genere, dall’età e dal fisico”.
Si, proprio così. E’ un regalo per l’attore o l’attrice, che dona il suo corpo, la sua emozione, la sua voce. Gli attori sono per me l’elemento più importante del teatro, in più sono loro che quelli che mi danno la conoscenza profonda del testo. Un testo si trasforma in parlato, si trasforma in spazialità, in attori che si muovono. In Catalogna è andato in scena con l’interpretazione del’attore Pere Arquillué, 56 anni, In Uruguay, con protagonista l’attore Alfonso Tort, 45 anni. Ed è stato un privilegio avere in Italia Maddalena Crippa. Poteva essere soltanto lei.
La parola corpo risuona già nel titolo almodovariano di questo lavoro.
L’intreccio fra corpo e teatro è inaggirabile. La parola che si rivolge a qualcuno è una parola corporea. Ogni corpo è un corpo estraneo, segnato dalla sua irriducibile diversità e unicità. Eppure, ha la capacità di entrare in rapporto con gli altri corpi. Il teatro ci ricorda che abbiamo un corpo, che la nostra vita si consuma nel corpo e che, senza di esso, non è dato vivere.
Credi che oggi il potere del teatro di rappresentare il mondo sia in crisi?
Non so risponderti con un sì o con un no. In tutti questi anni però ho continuato a misurare quanto fare teatro, andare a teatro possa cambiare la propria percezione del mondo, ovunque nel mondo. Il potere del teatro è il potere della parola.
Senti una responsabilità, rispetto a questo potere?
Sento una responsabilità nei confronti della parola che scrivo, del suo suono e della sua forma. Penso che ogni drammaturgo debba scrivere da una posizione di impegno. Una responsabilità che è etica, piuttosto che politica. Ma non è mai però “frontale”, lo spettatore può intuire nel mio teatro un riferimento chiaro a certi temi che mi stanno a cuore: la paura dell’altro, del diverso, l’ipocrisia sociale. La funzione del teatro, per me, è quella di porre degli interrogativi e che il singolo spettatore, uscendo dal teatro, prende posizione moralmente su ciò che ha visto e si interroghi in che tipo di società vuole vivere. Questo è il tipo di teatro che mi piace come spettatore e al quale aspiro come autore. Tn tipo di teatro che mi stimola. Mi scuote.. Solleva dubbi. Mi interroga come individuo e anche come parte di un gruppo.
Cosa sei riuscito a vedere di bello a Milano?
L’Ultima cena al Cenacolo vinciano. Avevo detto a Giancarlo e Angelo che sarei venuto a Milano solo ad una condizione: che mi portassero a vedere il capolavoro di Leonardo (ridacchia divertito mentre lo dice, ndr).
Tre domande al volo all’attrice Maddalena Crippa
Il tuo rapporto con il teatro e questo testo in particolare: che esperienza è per te questo monologo a più voci?
Incarnare è quello che fa un attore ogni volta che va in scena, dando corpo alla parola scritta, senza giudicare i personaggi. Alla maniera di un medium. Appare una voce, e poi scende nel corpo, ma prima devi leggere molto. Avere a disposizione le parole straordinarie di Josep è stato un dono meraviglioso. La parola di Mirò è potente, nessuna è fuori posto.. È un testo così ben scritto che ogni punto, ogni virgola detta il ritmo che i personaggi ti chiedono. Subito dopo aver letto il testo, me ne sono innamorata. Ho capito subito che se lo facevo non era una sfida, era un’altra cosa. Un testo necessario. E doveva arrivare al pubblico. In un’epoca in cui le parole diventano rumore di fondo di un orrido cicaleccio, e perdono il loro significato perché delle parole ognuno fa ciò che desidera. Un testo di parole. Le azioni passano attraverso la parola, e quindi anche attraverso l’immaginazione. Ed è per questa sacralità che continua ad affascinarmi il teatro.
La Meg comica e svaporata nel compleanno di Pinter, l’ironia con Wisława Szymborska, e adesso i segreti inconfessabili di Mirò. Sembri a tuo agio nei ruoli più disparati. Qual è il tuo segreto?
Il mio segreto è rispettare l’autore, semplicemente. L’ ho imparato soprattutto da mio marito (il regista Peter Stein, ndr) a rispettare i testi e a servirli. Per me è questa l’arte della recitazione. saper rispettare la parola e farla risuonare, ma al servizio dell’autore. E poi, certo, la mia arte è quella di saperlo dire, di saperlo poi riempire con tutto il mio sentire, ma al servizio dell’autore. È l’autore che mi dice dove aprire i bocchettoni eventuali del cuore o dell’emozione. ll virtuosismo fine a se stesso per me non ha senso.
Prossimi impegni?
Ancora a Milano, il 10 maggio sarò in Duomo per celebrare la ricorrenza dei centocinquant’anni dalla scomparsa di Alessandro Manzoni, con la lettura de i Promessi sposi, con la direzione artistica di Finazzer Flory. Poi dal 12 al 14 maggio , all Auditorium di Largo Mahler, faccio Arianna e Fedra con Silvia Colasanti, e con l’orchestra Verdi diretta dall’Ucraina Oksana Lyniv. L’8 e il 9 luglio sarò in scena al Teatro Nuovo di Napoli, con Un sogno a Istanbul, con Mario Incudine e Adriano Giraldi, per la regia di Alessio Pizzech, liberamente tratto dal libro “La cotogna di Istanbul” di Paolo Rumiz. Un testo teatrale di grande forza e suggestione”.