Teatro

La vita shock… ing di Elsa

La grande stilista romana Schiaparelli è stata rappresentata al Pacta Salone di Milano dal 19 al 28 maggio

«Un abito Schiaparelli equivale a un’opera d’arte», scriveva nel 1932 il periodico The New Yorker. Eccentrica, sorprendente, geniale, aristocratica, colta, anticonformista. Un infaticabile sperimentatrice, con una immaginazione sfrenata, provocatrice per vocazione, bambina così curiosa da provare a saltare dalla finestra con un ombrello come paracadute, Contemporanea e rivale di Coco Chanel, Elsa Schiaparelli (Roma, 10 settembre 1890 – Parigi, 13 novembre 1973) ha rivoluzionato il mondo della moda del ‘900 con la sua eccentricità e le sue visionarie creazioni: inventò cappelli stranissimi come il cappello scarpa, tailleur neri con cassetti come tasche, il vestito con una aragosta stampata sulla gonna, borse a forma di telefono.

Difficile sintetizzare la vita a dir poco avventurosa di questa donna straordinaria. Non solo stilista (sarebbe riduttivo) ma un’artista a tutto tondo. Amica di artisti del calibro di Salvador Dali, Man Ray, Alberto Giacometti, che influenzeranno poi fortemente il suo lavoro da stilista. La prima stilista a finire sulla copertina di Time. Un modello di donna indipendente, intraprendente. La sua è una storia che merita di essere raccontata: ha una carica rivoluzionaria straordinaria. È stata una donna capace di non curarsi del giudizio degli altri e di scegliere la propria strada a dispetto di tutto e tutti. «Avevo un pensiero fisso in testa: salvarmi dalla monotonia della vita di salotto e dall’ipocrisia borghese».

Ci riesce a teatro, con successo, a raccontarla e far rivivere la straordinarietà della donna e dell’artista (Il 13 novembre ricorrono i 50 anni della scomparsa, lasciando il suo nome impresso a fuoco nella storia della moda, la maison oggi è di proprietà di Diego Della Valle) sul palco del PACTA Salone (nella periferia sud di Milano, un centro vitalissimo di produzione di numerosi spettacoli, progetti, rassegne e festival) Maria Eugenia D’Aquino, una attrice capace di dominare la scena con un monologo intenso (drammaturgia di Livia Castiglioni). Protagonista assoluta di “Shocking Elsa”, per la regia di Alberto Oliva. che già nel titolo ne riassume l’intensità (sicuramente è stato un punto di riferimento, l’autobiografia Shocking Life). E il risultato sinceramente è incredibile. D’Aquino è talmente calata nel suo personaggio, attraverso la parola, la fisicità, a tratti ironica, seducente, disincantata, ma sempre vitale, balla il tango, fa il verso alla Chanel, si butta per terra, si commuove pensando alla figlia e alla nipote Marisa Berenson (attrice ed ex modella)

La pièce travalica la narrazione biografica per andare a scovare l’aspetto più intimo di Schiap (come amava farsi chiamare), le sue ribellioni alle rigide regole della famiglia, le sue fragilità, qualche dolorosa ferita dl cuore di una donna indipendente che nella sua vita ha sempre cercato la libertà. «Molti uomini ammirano le donne forti, ma non le amano. Alcune donne riescono a essere forti e dolci allo stesso tempo, ma la maggior parte di quelle che hanno deciso di andare avanti per la loro strada a testa alta hanno perso la felicità». Sarà un viaggio tra Parigi, Roma, Svizzera e Stati Uniti rosa shocking, proprio come il colore inventato dalla Schiaparelli nel 1937 per il suo profumo.

La scena, di Eliel Ferreira, è costruita come uno studio televisivo da quiz show, allestito solo per lei, unica concorrente in gara alle porte dell’aldilà. Troneggia al centro uno sgabello: la Schiap/D’Aquino appare in un completo color argento e tacchi a spillo. Un voce maschile fuori campo (di Riccardo Magherini) svolge il ruolo di conduttore nelle domande alle quali è sottoposta. Col suo fare ironico e sferzante, risponde divertita l’invisibile presentatore ma incalzata è costretta a indagare se stessa e a non trascurare nessuna punta aguzza, anche quelle che graffiano e fanno male

E’ la stessa Schiaparelli che ripercorre la sua vita e la sua arte. Una confessione che non cerca assoluzioni. Si racconta a volte in maniera ironica, a volte crudelmente sincera. Un’a autoanalisi (Schiap cerca per tutto il dialogo/monologo di scoprire chi sia quell’imprecisato interlocutore con il quale fa i conti, fino a scoprire che si tratta di se stessa). Emergono episodi drammatici ed esaltanti allo stesso tempo.

Elsa Luisa Maria Schiaparelli nasce a Roma il 10 settembre 1890 in una famiglia d’intellettuali e studiosi. Sua madre (che non perdeva occasione per ricordarle quanto era brutta) apparteneva all’aristocrazia napoletana, il padre era un noto professore di lingua e letteratura araba all’Università di Roma, lo zio amatissimo, Giovanni Schiaparelli, era un famoso astronomo che lavorava all‘osservatorio di Brera, a Milano e l’aveva battezzata Orsa Maggiore per i suoi nei sulla guancia. Lei stessa apprende la filosofia ma, quando decide di dedicarsi alla poesia (poesie erotiche) i genitori la spediscono in Svizzera in un collegio di suore, dove, per dimostrare la sua avversione, iniziò uno sciopero della fame.

Nel 1913 parte per Londra: qui conosce il conte squattrinato William de Wendt de Kerlor che sposa e da cui Elsa Schiaparelli ha la figlia Maria Luisa Yvonne Radha soprannominata Gogo, che presto purtroppo si ammala di poliomielite. Ma il matrimonio non funziona. Più che lavorare Wilhelm amava passare di donna in donna, sperperando i soldi della moglie. La sua relazione con la grande danzatrice Isadora Duncan segnò la fine del loro matrimonio. E dopo un soggiorno-lampo a New York, Schiap si trasferisce, madre single, senza un soldo, a Parigi. Qui avviene l’incontro che le cambierà la  sua vita: con Paul Poiret uno dei più grandi couturier dell’epoca. Nel corso degli anni Trenta la sua fama valica i confini europei e.le sue creazioni non cessano di stupire. La sua prima creazione fu un maglione. Si trattava di un pullover nero, arricchito da un dettaglio surrealista sul collo, una sciarpa trompe l’oeil, cucito a mano da una magliaia armena di nome Aroosiag Mikaëlian detta “Mike”, che inizia a collaborare con Elsa Schiaparelli alla realizzazione di un capo non più indossato in campagna dai contadini, ma apprezzato anche dalle boutique più alla moda. Apre il suo primo atelier (in realtà era casa sua). Ama l’arte e frequenta gli artisti surrealisti più in voga del tempo: Marcel Duchamp, Man Ray, Salvator Dalì. Nel 1934 trasferisce la sua maison, conosciuta come Schiap Shop, al 21 di place Vendôme. A lei dobbiamo il merito di aver usato per prima la zip come dettaglio di stile, molto più pratica dei bottoncini che venivano usati per gli abiti delle donne.

Tra gli abiti divenuti iconici che Elsa Schiaparelli realizza insieme a Salvator Dalì c’è il celebre Lobster dress, l’abito da gran sera di organza con dipinte enormi aragoste. L’abito a cassetti, l’abito a scheletro, il cappello a forma di scarpa, borse a forma di telefono in velluto nero con disco ricamato in oro, il portacipria a forma di quadrante telefonico. («Nei periodi di crisi, la moda è sempre oltraggiosa»). Nessun’altro, se non Elsa Schiaparelli, poteva inventarsi quel rosa così acceso che si posa per la prima volta non sull’organza o sulla seta, ma sul suo profumo (che la Schiap spiegava così: «ho dato al rosa la forza del rosso ed è diventato un rosa irreale». A forma di silhouette femminile, la bottiglia era ispirata al busto prorompente dell’attrice americana Mae West.

D’Aquino ci propone una donna senza paraventi, steccati o scudi, indifesa, forte, vera, che ha lottato molto per crearsi una vita indipendente, una vita vissuta appieno, divertendosi e appassionandosi al suo lavoro. Trascinandoci con lei in un vortice di gioia e dolore, successi e sconfitte, menzogna e verità, vita e morte, togliendoci il respiro in più di un’occasione. L’unica risposta possibile al quiz, quella che chiude lo spettacolo sulle note di Life on Mars di Bowie, è: «Ho fatto tutto da sola»’.

Un commento

  1. Ottima e esaustiva recensione. Purtroppo avevo perso lo spettacolo e questa recensione mi ha ripagato della perdita. Grazie!

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