Teatro

L’Iliade entusiasma a teatro

Il regista-attore D'Elia ha portato l'opera di Omero al Parenti di Milano, riscuotendo un grande successo di pubblico

Come un anfiteatro greco, la piscina e i gradini di pietra dei Bagni misteriosi, il palco estivo del Teatro Franco Parenti a Milano, martedì 11luglio hanno fatto da splendida cornice alla grandiosità dei versi poetici di Omero, portati in scena dall’Iliade del bravissimo Corrado D’Elia, attore, regista, drammaturgo (spettacolo con cui ha vinto il prestigioso Premio Nazionale Franco Enriquez 2023 per il teatro). Un testo che, come ha confessato d’Elia, l’ha appassionato fin dai banchi del Liceo Classico e che riscrive con maestria in forma rigorosamente poetica, come l’originale, “per essere raccontata ad alta voce. Così come un tempo lontano gli aedi erano soliti raccontare le storie di eroi e divinità”.

Un racconto dalla potenza evocativa straordinaria, che catapulta il (folto) pubblico nel vortice delle battaglie epiche di quella terribile guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, per ricondurre in patria la bellissima Elena, moglie di Menelao, re di Sparta, rapita da Paride, figlio del re di Troia, Priamo. Archetipo di tutte le guerre che verranno. Ma già Omero aveva capito che ogni conflitto è una guerra da cui tutti escono sconfitti. Non ci sono né giusti, né malvagi. Due mondi possibili stanno uno di fronte all’altro, e ognuno ha le sue ragioni. “A prima vista non te ne accorgi, accecato dai bagliori delle armi e degli eroi. Ma nella penombra della riflessione viene fuori un desiderio  ostinato di pace”, come sottolinea Corrado D’Elia.

E’ ancora buio. Ai piedi delle mura dell’antica città governata dal re Priamo. All’inizio è Il fragore del mare infinito. Sta per sorgere “l’aurora dalle rosee dita”.  Sono gli ultimi 51 giorni di battaglia del decimo anno. I Greci sono accampati sulla spiaggia accanto alle loro navi mentre i troiani resistono dentro le forti, belle, mura della loro città. Su queste potenti visioni, accompagnato da suggestioni sonore (tecnico audio Gabriele Copes) si staglia la voce di D’Elia/ Omero. A piedi nudi, seduto su un alto sgabello, alle spalle uno schermo gigante che proietta la sua immagine, D’Elia ci accompagna nel classico dei classici, ma come mai l’abbiamo goduto a scuola. Solo la sua voce, l’accompagnamento musicale. Possono bastare. Il pathos del racconto, le emozioni e i sentimenti dei personaggi, arrivano dalle parole ripetute più volte, in modo ossessivo, dalla mano che batte sulla gamba, dalla variazioni dei toni delle voce,

Con la mano destra D’Elia impugna il microfono, come uno scudo, mentre con la sinistra evoca tutto un mondo: il mare biancheggiante di schiuma, agitato come l’anima di Achille furioso, il bagliore di elmi lucenti, lucide corazze, armi bronze. L’avanzare dei guerrieri indomiti con strepiti e clamore come uccelli. La disperazione di Andromaca che tiene fra le braccia il piccolo Astianatte nel vedere il marito scendere nuovamente in battaglia. “E subito Ettore illustre si tolse l’elmo di testa, e lo posò scintillante per terra; e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le braccia”. La tenda di Achille nella quale entra il vecchio Priamo che gli si getta alle ginocchia e implora di restituirgli il corpo del figlio Ettore. E i due, afflitti da un dolore inconsolabile, mischiano tra loro le proprie lacrime.

Perché ancora l’Iliade? Non c’è poema epico al pari di Iliade che attraverso i secoli non continui a farci riflettere, con la sua lucidità e la sua amarezza, sul ruolo che l’uomo ha in relazione alla guerra“, spiega Corrado D’Elia. Iliade è un’opera che parla di Guerra e di guerra sentiamo parlare ancora oggi. Ma è anche un poema che vibra di pietà, di amicizia, di coraggio, di dolore, accomunando in modo trasversale vincitori e vinti. Omero, all’alba della nostra civiltà, ci insegna che dove ci sono i vincitori ci sono anche i vinti, con le loro ragioni e i loro sentimenti. E che la pietas può risplendere proprio nelle situazioni più oscure. Per questo ancora oggi sentiamo l’urgenza di raccontare questa storia straordinaria”. Siamo ormai alla fine dell’opera. Priamo, padre di Ettore e signore della città assediata, si reca nella tenda di Achille con «doni infiniti», per ottenere la restituzione delle spoglie dell’amato figlio. Quella tenda diviene il centro del mondo, scompare la vendetta, si cancella la differenza tra vincitori e vinti. Priamo si getta supplice ai piedi di chi ha assassinato suo figlio e fatto scempio del corpo. E implora pietà, pregandolo di pensare a suo padre.

L’eroe si commuove. Piangono a lungo insieme.  Priamo piange il figlio Ettore, Achille piange il padre lontano e piange l’amato Patroclo ucciso da Ettore. E’ Achille, il semidio, il guerriere accecato e furente a pronunciare a suo modo le più limpide parole di pace e di pietas. “Gli uomini sono tutti nell’infelicità. La guerra riprenderà, D’Elia ha deciso di interrompere qui il poema, prima del suo epilogo. Troia sarà rasa al suolo, ma per un attimo il rispetto della morte impone la tregua per celebrare il funerale di Ettore, domatore di cavalli dall’elmo lucente. Nella notte Milanese anche la luna proietta la sua luce nell’acqua verde della piscina silente dei bagni misteriosi. Accomiatandosi dal pubblico fra gli applausi, D’Elia lancia un appello: “Internet e social sono abilissimi nel sottrarci tempo e attenzione. Tirate fuori un libro dei grandi classici e mettetevi a leggere. Hanno molto da insegnare. Venite a teatro, sarà un po’ come leggere un libro insieme, uno di fianco all’altro. Ad alta voce”.

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