CalcioNazionale

L’Italia strega Wembley

Nonostante la superiorità della Spagna, gli azzurri vanno in finale, dopo i calci di rigore. Nei tempi regolamentari Morata risponde a Chiesa

Nel match che ti aspetti ma che cerchi di non vederlo mai, l’Italia di Roberto Mancini acciuffa una finale, figli di sofferenza, cuore e una dea bendata che questa volta ha visto benissimo. Dall’altra parte chapeau a una squadra superiore nel palleggio, ma che sotto porta ha dimostrato di possedere il suo tallone d’Achille.

Wembley è come una strega: ti plagia, ti possiede, ti annienta, ti uccide. Un’atmosfera che ti sorprende ogni volta, ma che Federico Chiesa ha imparato a combattere. Lui sì che è riuscito a far scappare le nubi che si erano minacciosamente affacciate sul destino azzurro. Insieme con Jorginho che ha tirato il rigore della vittoria.

Per la prima volta l’Italia è stata sottomessa, in lungo e in largo, senza soluzione di continuità. I latini dicevano Ad impossibilia nemo tenetur, ma ieri la Nazionale ha veramente fatto l’impossibile. Sembrano così lontane le gare con Turchia, Svizzera e Galles, ma poi noti che le Furie Rosse con gli elvetici hanno vinto solo ai rigori.

Questo Europeo è strano, che fa il paio con quello che abbiamo vissuto in questi mesi di pandemia mondiale. Che ha visto la Francia, la più forte per chi ama giocare con la carta, ma storpia nel pensiero e nelle motivazioni. Il Belgio era in testa al ranking, ma è stato bastonato da una combriccola di lillipuziani che ora è sorprendentemente in finale. Mancini però l’aveva detto: “Ho fiducia in questi ragazzi, possiamo andare lontano”.

Il tecnico di Jesi, ieri, ha compiuto un capolavoro. Ha messo a nudo tutte i difetti della sua squadra, regalandole un vestito nuovo, fatto di consapevolezza e umiltà. Ha tacitamente ammesso la superiorità degli undici di Luis Enrique, cambiando assetto, facendo necessità e virtù. Ha cambiato tutto il fronte d’attacco, spostando Giovanni Di Lorenzo a sinistra (al posto dell’uscente Emerson Palmieri), per inserire Toloi a destra.

In mezzo al campo, una volta tanto, Marco Verratti e Nicolò Barella sembravano entrati nella stessa corte di Sisifo, schiavi di una fatica tanto abnorme quanto inutile, e costretti a perdere cappa e spada agli avversari, dominatori e trionfatori in quella porzione di campo. Tutto questo, anche grazie a Gianluigi Donnarumma, decisivo in un paio di occasioni e ai rigori, non è bastato alla Spagna per portarsi a casa la pagnotta: un caso o uno sconcertante vulnus alla legge dello sport.

Ha vinto il più forte o il più bravo? Mettiamola così, di certo martedì non ha trionfato la squadra che meritava (Dani Olmo e Pedri i migliori degli iberici che avrebbero meritato il riconoscimento man of the match), la più forte. ma sicuramente, quella più brava. Quella del genio, della faccia pulita (con qualche macchia d’olio), della compattezza, dell’umiltà. Con un primattore. Mancini, che non ha lasciato niente al caso. Neanche per un solo momento.

La mission era la finale. Per i detrattori l’Italia sarà calpestata dell’Inghilterra, a questo punto vera e unica favorita della competizione. Per la Nazionale di Gareth Southgate c’è da superare lo scoglio Danimarca. Una passeggiata? Dettagli. Intanto, un posto per domenica c’è già.

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