Rispettare l’ avversario e onorare il vincitore sono due principi fondamentali della legge dello sport. Indipendentemente dal tipo di manifestazione. Quello che si è visto sul prato di Wembley ha rasentato il paradossale.
Dopo due minuti di gioco ululati sul possesso palla azzurro. Qui ci può stare anche se sportivamente è poco accettabile. Durante la partita abbiamo vissuto alcune situazioni incui si è tentato di imitare i carpiati dei più famosi tuffatori di italiana memoria, Tania Cagnotto e Klaus Dibiasi. Il brizzolato arbitro olandese, Bjorn Kuipers, però, non si è fatto condizionare non cadendo nel trappolone nonostante fosse all’ultima partita in carriera (notizia da verificare che però ci è stata dato in pasto prima della finale, ndr).
Qualche avvisaglia del clima si era già intravista, la disparità numerica sulla spartizione dei biglietti era un segno premonitore, ma il peggio del peggio si è visto a fine partita.
Capisco umanamente l’amarezza, il dispiacere sportivo per un mancato successo atteso da anni. Togliersi in maniera stizzita la medaglia quando si è ancora sul podio, eseguendo un atteggiamento concordato, però, non è consono con la storia molto formale del popolo anglosassone e della casa reale. Non parliamo poi di pestaggi e insulti (che qualcuno ha provato a smentire) ai danni dei tifosi italiani. Una vergogna che ha sotterrato l’Inghilterra, altro che patria del fair-play.
Silenzio dalla UEFA, protesta formale (doverosa) dalla FA che difficilmente produrrà effetti, appena un sussulto dal governo inglese.
E adesso? Non vorrei che aver agito e organizzato lo avvenimento fomentando l’attesa in maniera imprudente, spasmodica ed esagerata senza le dovute cautele, forse per un egocentrismo personale e propagandistico. Vero Boris?
Non si rischi di essere “cornuti e mazziati”, dopo un’ amara sconfitta, di una o più amare pinte di birra, anche purtroppo un aumento indiscriminato di persone infettate dalla variante Delta.
Ai posteri l’ ardua sentenza.