Modotti, zoom sulla realtà
Al Mudec di Milano è di scena la mostra "Donne, Messico e Libertà" della pioniera della fotografia sociale

“Mi considero una fotografa, e niente più. Cerco di produrre oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore”.
E’ forse in questa frase che possiamo rimandare al pubblico un ritratto di Tina Modotti, nella mostra presentata al Mudec di Milano (Via Tortona, 56). Per lei la fotografia era un contributo sociale, un modo per raccontare attraverso le immagini quello che viveva cercando di documentare la realtà nel modo più oggettivo possibile. Forse è inevitabile pensare che una donna così non potesse disconoscere la realtà anche più cruda.
La fotografa italiana nasce a Udine il 16 agosto del 1896 da una modesta famiglia operaia, aderente politicamente al socialismo tipico di fine Ottocento. E’ per ragioni economiche che emigra prima in Austria e dopo in America. A dodici anni Tina è già alle prese con il mondo adulto. Lavora vicino a Udine in una fabbrica tessile per aiutare la famiglia e quando il padre va in America, precisamente a San Francisco, lo raggiunge. Tina sperimenta, oltre che il lavoro di fabbrica, quello di attrice.
Il suo esordio attoriale è del 1920 per rappresentare pièce teatrali adatte ai migranti italiani. Il debutto più performante è, però, quello hollywoodiano in un film che diventerà noto al pubblico. In questo nuovo mondo, ricco di stimoli conosce quello che diventerà il suo sposo. Lui è un pittore e si chiama Roubaix de l’Abrie Richey. Sarà lui a farle conoscere il già noto fotografo Edward Weston che diventerà per Tina, maestro, mentore e amante. Con lui andrà in Messico per raggiungere il marito che morirà poco dopo.
Edward Weston darà una svolta al suo lavoro di fotografa in senso estetico e formale.
Nel percorso espositivo possiamo individuare la sua poetica fotografica che inizialmente è simile a quella del suo maestro, Edward Weston. Lo still life di calle, la texure di rose e canne di bambù, i gigli bianchi che appaiono come due calici perfetti, testimoniano una ricerca estetica e formale.
Che mira allo studio delle forme naturali nella loro perfezione e la possibilità di reinterpretarle per creare di nuove, almeno nella mente dello spettatore che guarda. Come lo studio della luce così importante nella scelta di come fotografare un oggetto per renderlo più palpabile e oggettivo possibile.
L’esperienza Messicana e la nuova Tina, fotografa del sociale
In Messico, Tina matura un linguaggio più personale dettato anche dalle sue esperienze di vita. Qui conosce parte degli intellettuali e pittori del Nuovo Rinascimento Messicano come Diego Rivera e la pittrice Frida Kalo. Durante il suo soggiorno messicano, elaborerà un proprio personale percorso che la porrà come rappresentante della fotografia sociale, fino a iscriversi nel 1927 al partito comunista messicano.
Nel 1930, accusata di un inesistente complotto è espulsa dal paese e dopo un breve soggiorno a Berlino si trasferisce a Parigi dove tra il 1934 e il 1935 effettua varie missioni clandestine. Si impegna durante la guerra civile spagnola, nell’organizzazione dei bambini rimasti orfani e incontra artisti, intellettuali come Pablo Neruda, e fotografi come Robert Capa, come lei, scesi in campo per sostenere la Repubblica. Ritorna in Messico nel 1939 e lì muore a soli 46 anni stroncata da un attacco cardiaco.
Nella seconda parte della mostra possiamo notare che la fotografa si concentra sulle condizioni di vita della comunità messicana. In molte foto come “Per le strade di città del Messico”, 1929, o “Bambini della Colonia della Bolsa”, un sobborgo di Città del Messico,1927, il suo sguardo empatico verso il genere umano testimoniano un preciso impegno sociale e politico.
Tale impegno si sposa sempre con lo sguardo attento anche alla forma e alla composizione fotografica. Come nello still life della foto “Sombrero, falce e martello”, 1927, un’immagine che caratterizza la sua personalità e che sarà pubblicata ripetutamente a livello internazionale. Immagini, che con orgoglio, esporrà nella sua ultima mostra a città del Messico, prima di essere espulsa.
La mostra è promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta dal 24 Ore Cultura-Gruppo 24 Ore e inserita nell’ambito del palinsesto 2021”I talenti delle donne”. Il progetto espositivo è curato da Biba Giacchetti, che ha ottenuto la preziosa collaborazione del Comitato Tina Modotti di Udine, nato nel 1989 su iniziativa del fotografo friulano Riccardo Toffoletti.
INFO Mudec, Via Savona 56 Milano Tina Modotti: Donne, Messico e Libertà fino al 7 novembre 2021 0254917 (lun-ven 9.00-18.00)
Dal 6 agosto 2021 è obbligatorio che i visitatori esibiscano il Green Pass (in formato digitale o cartaceo), corredato da un valido documento di identità per accedere al museo. Le disposizioni non verranno applicate ai bambini di età inferiore ai 12 anni e ai soggetti con certificazione medica specifica.