Arte

Scibilia: la seduzione della materia

Allo Spaziotemporaneo una serie di nuovi lavori realizzati su PVC trasparente applicato su metacrilato, con una tecnica mista che utilizza una particolare materia pittorica creata dall’artista.

“… ti si schiudano come occhi le mani”, poetava Paul Eluard. E guardare le deflagrazioni materiche di Nunzio Scibilia – in cui accumuli e addensamento di impasti di materia sembrano emergere dal magma indistinto biologico e geologico, si ha la tentazione di voler “toccare” oltre che vedere con gli occhi, ogni minuscolo e indistinto pigmento di colore (giallo ocra, azzurri, sfumature di grigio e di marrone, bianco avorio) in continua mutazione.

“Un ancestrale istinto mi suggerisce che toccare, sfiorare, fissare lo sguardo sono le porte d’accesso di un altro sapere”, racconta l’artista. E Behiond (al di là) è anche il titolo della mostra allestita allo Spaziotemporaneo, di Milano. Una serie di nuovi lavori realizzati su PVC trasparente applicato su metacrilato, con una tecnica mista che utilizza una particolare materia pittorica creata dall’artista. Le immagini indefinite sono presentate in formati di dimensioni crescenti (cm 62,5x,139,6 e cm 62×69,8) simili a vetrini di laboratorio, che dilatano la visione, amplificano il sentire, permettono alla percezione di sfiorare l’impalpabile. Frammenti di uno spazio più ampio, Behiond: al di là per l’appunto. Un’eruzione che dissemina tutt’intorno una moltitudine di frammenti. Schegge di colore. Esplodono e invadono lo spazio, E ne ammiriamo sorpresi, l’apparizione. Vorremmo avvicinarci e toccarli come per ricomporli, però non per ricongiungere le parti di un tutto, ma per rimescolarli e creare una forma inedita dai limiti aperti. Anche il loro silenzio diventa un modo di disegnare armonie invisibili.

Diplomato al Conservatorio in Composizione e Direzione d’orchestra, Nunzio Emilio Scibilia ha sempre portato avanti, unitamente a quella musicale (è docente di Direzione di Coro e Composizione Corale presso il Conservatorio G. Verdi di Milano),  la passione per le arti figurative ha fatto della componente tattile, la fisicità del gesto, il fulcro della sua ricerca artistica. Ha esposto in varie collettive in Italia, Svizzera e Inghilterra e realizzato alcune installazioni personali, presentandosi talvolta con lo pseudonimo REALTO. Vive tra Milano e Palermo.

Abbiamo avuto il piacere di dialogare con l’artista in occasione del finissage della sua mostra Beyond alla galleria d’arte Spaziotemporano di via Solferino, 56 a Milano. con la curatela di Jacqueline Ceresoli, autrice di un testo critico. Ho pensato il luogo dell’esposizione”, ci racconta, “come un laboratorio in cui mettere sotto osservazione la materia che ottengo mescolando pigmenti, resine, oli e uovo, un impasto che rivendica una vita propria e che, nei vari stadi di addensamento ed essicazione, reagisce in modo differente alle manipolazioni a cui lo sottopongo, quasi fosse soggetto a variazioni umorali. Dagli esisti imprevedibili. Ciò che resterà visibile dopo l’essiccazione, produce differenze, scarti, interferenze tra il piano fattuale e quello immaginativo. Per me oggi è seducente muovermi all’interno di queste polarità, L’esplorazione tattile della materia rivela dettagli non percepibili con il solo uso della vista. Ci sono qualità che si possono percepire solo attraverso il tatto come il peso, la temperatura, la resistenza, la consistenza e sempre con le mani si può distinguere la diversità delle superfici”.

Si potrebbe dire che è la materia che comanda e l’artista non può che prendere atto del suo evento, sensorialmente coinvolto da ciò che avviene durante il dipingere?

Appena appoggiato il colore la materia, già vuole scappare e cambiare forma. La trasformazione è insita nella vita dei corpi, delle cose, e delle idee, Immagino allora di seguire questi processi trasformativi, e in attesa di vedere cosa accadrà di quelle informi concrezioni apparentemente immobili su quell’immobile trasparenza. 

L’informe e la forma superano la loro apparente antinomia evidenziando la possibilità di congiungere energie contrapposte, la saturazione e il movimento, la compattezza e la vibrazione, il limite e lo sconfinamento.

Vorrei proseguire nell’esplorazione, nella scoperta, ma l’asciugatura dell’amalgama mi costringe a fermarmi. Talvolta mi sorprendono le sorprese che arrivano. Quegli enigmatici grumi si impongono come segni di ciò che sfugge alle nostre previsioni, mettono in crisi la pretesa di classificare tutto, minacciano le certezze a cui ci aggrappiamo. Con Behind voglio dire proprio questo: la possibilità che qualcosa di imprevedibile accada, che qualcosa di eccedente la nostra misura entri in campo e spalanchi nuovi orizzonti. È un dito puntato verso un oltre di cui vorremmo sapere più di quanto osiamo confessare. Un oltre non solo fisico e concettuale ma anche simbolico.

Il rapporto con la materia sembra al centro della tua ricerca artistica.

E’ stato sempre nelle mie corde il rapporto con la materia, Un rapporto fisico, tumultuoso. L’incontro con un materiale è sempre una chimica delle passioni. Gesto di attrazione e di puro piacere. È un istante sublime e transitorio, aleatorio, inatteso, quando preparo il colore e poi lo stendo sulla carta o su lastre di plexiglass. Ho lavorato per anni con l’urgenza di domarla, la materia. Cercavo di domarla, non riuscivo, però, a ottenere risultato che volevo ed ero infelice. Poi ho capito che bisogna avere il massimo rispetto per la materia. È lei il punto di partenza. È lei che detta l’opera, lei che la impone. La materia si trasforma, rivendica una vita propria , essendo essa invece desiderosa di muoversi, mutare, scivolare altrove. E sono diventato improvvisamente felice. 

Cosa muove il tuo processo creativo?

La necessità che ho è quella di esprimermi attraverso la mia arte, e ad ognuno l’opera può e deve dire quello che vuole. Se io sapessi cosa comunicare non produrrei più perché sarebbe già chiaro e definito nella mia testa. Pratico la pittura come una meditazione dinamica. Dal microcosmo, al macrocosmo. Un va e vieni perpetuo e ripetitivo eppure mai identico a se stesso, variazioni infinite a cui non si può aggiungere nulla perché non si raggiunge mai davvero la “cosa”. Non cerco una forma definita e compiuta, che pretenda di dare un significato. il risultato è sempre uno stadio provvisorio di processi in corso che potrebbero proseguire verso ulteriori cambiamenti, inattese scoperte. In attesa di vedere cosa accadrà di quelle concrezioni che si agitano su quell’immobile trasparenza. Un processo mai dato per scontato, tutto può ancora accadere. Mi abbandono a questa perdita di controllo. Ciecamente, fiducioso nello stravolgimento. Con la consapevolezza: la materia resta frammento, testimone della complessità che la contiene.

Possiamo parlare per le tue opere di seduzione tattile. I tuoi frammenti sono un fotogramma di processi di dissipazione, addensamento, migrazione che sembrano effetti di analoghi gesti di distribuzione, accumulazione, trasferimento generati dalla lavorazione del materiale. Grumi di materia ruvida vibranti di vita  dalla valenza intrinsecamente tattile. Si ha il desiderio di toccarli, di seguire con un dito le misteriose proiezioni immaginative

Mi fa piacere che tu dica questo. Non sono un concettuale, il concetto definisce, obbliga. Sono semmai un artista tattile, anche perché spesso scopro quello che voglio fare toccando la materia. Tutti i materiali esposti sono stati scelti per i propri valori tattili, per la capacità di evocare un pensiero attraverso l’azione delle mani. La percezione tattile porta l’attenzione sul processo che ha luogo nel mio corpo: sensazioni fisiche, innervazioni muscolari, desideri inconsci, sensibilità profonde e i loro diversi effetti emozionali. Ecco che allora trovo naturale usare un materiale che abbia la possibilità in sé di non predefinire il mio gesto, la mia azione, il mio sentire. E questo fenomeno, piano piano, riesce a diventare una potenzialità espressiva di quel sentimento iniziale che nella sua vaghezza, lavorando fisicamente con la materia, prende di volta in volta figura. Molti dei miei lavori conservano metaforicamente le tracce delle mie dita. E questo, diciamo, è un trovare il momento di congiunzione tra le possibilità offerte dal materiale e il compiersi del gesto – poiché solo l’esperienza ti insegna il momento giusto per attuarlo.

Qual è il rapporto fra senso della vista e senso del tatto, tra sentimento del vedere e sentimento del toccare?

La nostra cultura ha sempre creduto che l’arte fosse cosa legata al vedere, e a subordinare i valori tattili ai valori visuali. Invece le mani guardano, come diceva Bruno Munari. La manipolazione tattile nella prima infanzia è la prima forma di esplorazione del mondo. Il senso del tatto non ammette inganno. Il fatto è anche l’unico senso che contenga un elemento di reciprocità. Toccare è nello stesso tempo essere colpito da ciò che si tocca. L’occhio può vedere senza essere visto, l’orecchio può ascoltare senza essere ascoltato, ma la mano non può toccare senza essere essa stessa toccata.

Le note biografiche sono sempre indispensabili per orientarsi nel lavoro di un artista e per poter cogliere i significati della sua opera. Come la musica entra nella tua pittura?

Ciò che è percepito come musica dalle nostre orecchie è il mutare dei suoni nel loro insieme, il movimento della loro forma. Un respiro collettivo di molte voci, anime con una propria struttura mutevole. Allo stesso modo, nel mio comporre in pittura, mi interessa la rappresentazione di processi di natura cinetica come il dirigersi verso, l’espandersi, lo scorrere e i loro opposti, l’oscillazione del movimento d’insieme, senza gravità.

Tra i compositori qual è il tuo preferito?

L’ungherese Gyorgy Ligetii, uno dei più grandi compositori d’avanguardia del ventesimo secolo, Inarrivabile Atmosphèrs, il capolavoro orchestrale che Stanley Kubrick. Utilizzò come colona sonora per 2001. Odissea nello spazio (sebbene non ne avesse ottenuto il permesso). Le individualità strumentali, scompaiono. Gruppi di suoni orchestrali atonali si fondono, si muovono e si dissolvono insieme, come uno sciame. Ciò che sentiamo è un fluire perennemente dei suoni e delle variazioni di intensità suoni, come se non avesse inizio e neppure una fine. La musica come tempo congelato.

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