Ci sono partite destinate ad essere ricordate, impresse nelle memorie dei tifosi. Sono quelle che, oltre al risultato, sono intessute da forti emozioni e punti ben delineati. Juventus-Milan 0-3 ha i connotati di queste ultime. Non tanto per la vittoria (finalmente verrebbe da dire) per i rossoneri nella “nuova” casa juventina, né tanto meno per i tre punti in se. Quello che ricorderemo sarà il giorno in cui, più di ogni altro, i campioni d’Italia per nove anni consecutivi hanno dato l’impressione di non averne proprio più. Il giorno in cui, il loro grande e irripetibile ciclo, sembra essersi definitivamente concluso. A infliggerle il colpo di grazia, il Milan di Stefano Pioli.
Incroci. Gli incroci di risultati erano, sono, e saranno all’ordine del giorno in queste settimane conclusive di campionato. E proprio gli “incroci” sono stati i protagonisti del match. Al tramonto dei primi 45′ è una splendida giocata di Brahim Diaz a portare in vantaggio il diavolo. Il suo destro è di quelli morbidi e ben educati, palla nel sette, 0-1 e squadre al riposo.
La Juve riparte con decisione, Gianluigi Donnarumma si fa perdonare due brutte uscite nel primo tempo salvando il risultato su una rasoiata di Rodrigo Bentancur. Ante Rebic, subentrato a Zlatan Ibrahimovic, trova nuovamente l’incrocio con un destro potente e spregiudicato, 0-2 e bianconeri alle corde. Il pugno del ko è di Fikayo Tomori che, con un poderoso colpo di testa, manda il pallone appena sotto il montante. La Juventus è al tappeto.
La mano del destino. Sono due gli episodi in cui la “mano del destino” avrebbe potuto scrivere sceneggiature differenti. La prima sul delizioso goal di Brahim Diaz: Bonucci e compagni protestano dalla panchina denunciando un furtivo “braccio” della pulce spagnola sul contrasto con Juan Cuadrado. Valeri si confronta con il Var e indica il cerchio di metà campo. Goal regolarissimo.
La seconda è invece quella di Giorgio Chiellini nei primi minuti del secondo tempo. Il braccio è largo e il fallo è evidente: calcio di rigore. Franck Kessiè però fallisce quella che, a tutti gli effetti, poteva risultare la palla della partita. La Juve ha uno scatto d’ira, attacca a testa bassa. Ronaldo e compagni hanno però le pistole scariche, e i pochi colpi che vengono sparati sono a salve. Ci pensa poi un croato dagli occhi di ghiaccio con un fucile ben lucidato per l’occasione a chiudere i giochi.
Promossi: non si vince allo Juventus Stadium grazie ai singoli. Si vince in terra bianconera con organizzazione e collettivo. Monumentale ancora una volta Kessié: l’ivoriano è stato il padrone indiscusso del centrocampo e ha reagito come sanno fare solo i grandi al rigore sbagliato. Ottima la prestazione di Fikayo Tomori, impreziosita da uno splendido goal, e del suo compagno di reparto Simon Kjaer.
“Scheggia impazzita” Brahim Diaz: dopo un inizio di partita troppo leggero, segna un gran goal e fa letteralmente ammattire i rocciosi centrali di Andrea Pirlo.
Bocciati: Nessuno può ricevere un voto negativo. Forse, vi potremmo derubricare Gigio Donnarumma che, con due sue uscite avventate nel primo tempo avrebbe potuto pregiudicare la sfida, e Zlatan Ibrahimovic. Quest’ultimo non è mai riuscito a impensierire l’estremo difensore bianconero. Nessuna conclusione e nessuna occasione sotto porta. Il suo peso però si è sentito, ha lottato, ha impartito ordini e occhiatacce fino all’infortunio.
Per i tifosi rossoneri è stata l’apoteosi. Nemmeno i più ottimisti avrebbero scommesso su un risultato tanto evidente. Ora, come ha detto Paolo Maldini prima del match, “il destino è nelle nostre mani”. La speranza è che, questa partita, possa essere ricordata come “la partita che riportò il Milan tra i grandi”, e non come “la partita in cui credevano di ritornare tra i grandi”. Quel “credevano” è una minaccia dai colori granata prima, e rosso-blu poi.